Il futuro della finanza ha un DNA digital. Lo si può notare analizzando il cambiamento che sta avvenendo nel mondo dei servizi bancari, finanziari e assicurativi. Le tecnologie digitali sono diventate una sinergia perfetta con la finanza, tant’è che è impossibile non parlare del Fintech. Questo è un mondo che non si limita al solo ambito bancario, ma si compone di diversi attori e protagonisti. Competizione allargata, open banking, API, startup, e roboadvisory.
Cosa vuol dire FinTech?
Sembra parlare di medioevo, ma fino a pochi anni fa sarebbe stato impossibile immaginare come sarebbe cambiato il rapporto dei consumatori con i servizi che vengono usati quotidianamente. La rivoluzione digitale ha modificato le abitudini della società nel suo complesso, infatti, oggi risulta difficile pensare di prenotare un ristorante, informarsi riguardo uno spettacolo al cinema o cercare un nuovo appartamento senza “sfruttare” il “potere” di internet attraverso computer o smartphone. L’industria dei servizi finanziari non fa eccezione.
Il termine Fintech nasce dalla contrazione di Finance (Fin) e Technology (Tech), indicando i suoi pilastri principali. Ad ogni modo non esiste una definizione univoca di questa parola, ma, l’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano considera Fintech tutte le innovazioni digitali in ambito finanziario, a prescindere da quale sia l’attore che sviluppa/eroga il prodotto/servizio. Quindi, si può affermare che il Fintech allude sia a un processo di evoluzione in corso nell’industria finanziaria sia a un modo alternativo per usufruire dei servizi finanziari attraverso la comodità del digitale.
Il Fintech in Italia
In questo ecosistema così vasto ed eterogeneo è utile mettere ordine rispondendo alle domande seguenti. Quali sono i servizi Fintech più diffusi in Italia? Quali le tecnologie digitali maggiormente in grado di rivoluzionare il mondo della finanza e delle assicurazioni? Quali le startup Fintech emergenti? E soprattutto, com’è regolato il Fintech in Europa? … e in Italia? Tutte domande che meritano risposta.
Servizi Fintech più diffusi in Italia
Il fenomeno Fintech giunge finalmente in Italia, un Paese storicamente ancorato a importanti pilastri come il risparmio delle famiglie, il credito bancario e la forte predominanza di piccole e medie imprese. Le startup sono il vero è proprio motore di questa rivoluzione digitale. Esse sono aziende innovative che, offrendo servizi nuovi e mirati, svolgono un ruolo centrale nella digitalizzazione del mercato finanziario italiano.
L’ecosistema di aziende e startup Fintech è in costante crescita, le banche e gli altri attori del sistema finanziario hanno sviluppato nuovi canali e servizi digitali, consumatori italiani e PMI mostrano sempre più una maggiore propensione nei confronti del digitale e dei servizi finanziari innovativi. Le startup Fintech italiane (in gran parte Fintech, Insurtech o RegTech) operano nel settore dei servizi bancari (soluzioni di Bank Account, pagamenti, prestiti e finanziamenti, asset management), dei servizi assicurativi e dei servizi tecnologici orientati al mondo finanziario e assicurativo (TechFin). Rientrano in quest’ultima categoria, ad esempio, soluzioni di Cyber Security, software per la Security Analysis o strumenti per la certificazione digitale dell’identità. Altre realtà offrono servizi non finanziari, ma abilitano l’accesso di attori finanziari a dati, clientela, competenze. Le tecnologie più utilizzate dalle startup italiane, sono le API, acronimo di Application Programming Interface seguite da Data Analytics e Artificial Intelligence (in particolar modo in ambito Insurance Services), Blockchain, Distributed Ledger Technologies (DLT) e IoT.
Una domanda a cui sta cercando di rispondere il FinTech è: “A chi affidarsi per la gestione dei propri risparmi?”, domanda che accumuna moltissimi italiani oggi. La maggior parte degli utenti internet del Bel Paese scelgono principalmente le banche e gli operatori postali come “gestore di risparmi”. Tuttavia, nonostante questi due enti siano ad oggi imprescindibili per la quasi totalità delle persone, per quanto riguarda la gestione dei risparmi, si assiste piano piano ai primi segnali di un radicale cambiamento. Infatti, un altro bacino di clientela di cui si sta sempre più occupando il settore FinTech è la galassia dei risparmiatori. Gli italiani si dimostrano un popolo di ferrei risparmiatori e il Covid non ha fatto altro che confermare questo trend. Secondo i dati Banca d’Italia e ABI (Associazione Bancaria Italiana), nel 2020, anno dello scoppio della pandemia, le famiglie italiane hanno messo da parte 126 miliardi di euro (di questi, 85 miliardi sono finiti sui conti correnti bancari), contro i 47,7 miliardi risparmiati nel 2019. In questo quadro di marcata propensione al risparmio, unita a una scarsa cultura finanziaria che limita l’apertura degli italiani alle varie opportunità di investimento offerte dal mercato, la galassia di soluzioni fintech disponibili per i consumatori, dalle app di finanza personale a quelle per i pagamenti fiscali, rappresenta un’ottima occasione per ottimizzare la gestione del risparmio. L’Osservatorio FinTech e Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano riporta oltre 20.000 utenti registrati a una piattaforma di Roboadvisory, la consulenza finanziaria digitalizzata, nonché 250.000 utenti di salvadanai digitali, ovvero app dedicate alla finanza personale.
Com'è regolato il Fintech in Europa?... e in Italia?
A partire dalla prima diffusione di fenomeni finanziari innovativi come il crowdfunding o le valute virtuali, tutti i principali regolatori, sia a livello internazionale che nazionale, si sono posti la domanda di quando e come regolare i nuovi servizi e i prodotti generati dall’innovazione tecnologica. Come prevedibile, gli approcci regolamentari adottati sono stati molteplici e differenti, spesso influenzati dalle tradizioni giuridiche e di mercato, ma possono essere raggruppati in tre macro categorie: (i) attendere e studiare il fenomeno per verificare la necessità di intervenire (“wait and see”); (ii) applicare, ove possibile, il quadro regolamentare vigente (“same business, same risks, same rules”); e (iii) introdurre nuove regole atte a cogliere le specificità dei nuovi fenomeni (“new functionality, new rules”).
Secondo l’approccio «wait and see», non sarebbe opportuno intervenire introducendo nuove regole finché il servizio o prodotto finanziario innovativo non sia largamente diffuso e/o non comporti rischi significativi per il sistema finanziario. A dispetto di quanto possa suggerire il nome, tuttavia, non si tratta di un approccio passivo perché implica sempre che le istituzioni competenti monitorino la diffusione del fenomeno e la sua rilevanza sistemica. (se vuoi approfondire clicca qui per scaricare la guida)
Il secondo approccio del regolatore nei confronti del Fintech è genericamente identificato con “quello che ormai è diventato un vero e proprio mantra a livello internazionale”: il principio del “same business, same risks, same rules”. Secondo questo principio, qualora un’attività innovativa abbia la stessa funzione economica e gli stessi rischi di un’attività regolamentata, dovranno applicarsi le stesse regole di quest’ultima a prescindere dalla tecnologia utilizzata. Si tratta probabilmente dell’approccio più diffuso a livello internazionale ed europeo e ha il vantaggio di garantire l’applicazione di condizioni uniformi a nuovi e vecchi operatori, evitando arbitraggi regolamentari sfavorevoli ai soggetti già attivi sul mercato. (se vuoi approfondire clicca qui per scaricare la guida)
Il terzo approccio alla regolamentazione del Fintech è il c.d. “new functionality, new rules”. Questa terza soluzione parte dal presupposto che un servizio o prodotto innovativo può comportare sia rischi (o una combinazione di rischi) non adeguatamente presidiati sia opportunità non colte dalla regolamentazione esistente. In questi casi, il regolatore è chiamato a sviluppare regole nuove che valorizzino le caratteristiche innovative del fenomeno e ne impediscano uno sviluppo incontrollato. È importante chiarire che i tre approcci sopra descritti non sono alternativi tra loro e che, di norma, vengono utilizzati in modo complementare o in successione a seconda del grado di evoluzione e rilevanza del fenomeno da disciplinare. (se vuoi approfondire clicca qui per scaricare la guida)
Fintech.. minaccia o opportunità per i risparmiatori?
Proprio questa è l’essenza del Fintech, un processo di evoluzione tecnologica orientato al miglioramento del servizio per l’utente finale. La spinta a offrire servizi sempre migliori è infatti una vera e propria necessità per sia per le aziende che per la pubblica amministrazione perché nell’offerta di servizi si trova lo spazio di mercato nel quale inserirsi e di conseguenza si possono giustificare gli ingenti investimenti in nuove tecnologie.
Spesso si sente dire che l’innovazione tecnologica rappresenta un pericolo, dato che usufruire dei servizi finanziari attraverso la rete diminuirebbe, secondo alcuni, garanzia e sicurezza. Tale preoccupazione non ha tuttavia alcun fondamento: le aziende serie che operano nel settore FinTech devono sottostare alle stesse regolamentazioni degli istituti tradizionali e sono vigilate dalle stesse autorità di garanzia (come, per esempio, Consob e Banca d’Italia). In definitiva, il Fintech non deve essere visto come un segmento alieno e alternativo all’industria finanziaria tradizionale, si tratta invece dell’evoluzione di quest’ultima, una risposta alle rinnovate necessità dei risparmiatori che spesso hanno anche necessità di consigli più liberi e indipendenti.