- Giuseppe Inserra
- 30/06/2021
- 2 minuti
Una delle tecnologie più dibattute del XXI secolo, per la quale si riversano grandi speranze, è sicuramente la Blockchain. Per gli addetti ai lavori se ne parla come di quella tecnologia che ridisegnerà il mondo come lo conosciamo oggi; un po’ come furono l’elettricità, il motore a scoppio o più recentemente Internet. Viene considerata come quella tecnologia in grado di rivoluzionare le transazioni e il sistema finanziario come lo conosciamo oggi.
Cos'è la Blockchain
Con il termine blockchain (letteralmente “catena di blocchi”) si definisce un meccanismo che permette di costruire dei registri condivisi e immutabili nel tempo, permettendo una facilitazione del processo di registrazione delle transazioni senza la necessità della presenza di un organo di controllo (un intermediario) che certifichi e garantisca la validità della transazione. Questa tecnologia potrà essere utili in tutti quegli ambiti dove è necessario registrare degli elementi (delle transazioni o delle scritture contabili di qualsiasi tipo – ad esempio la redazione di registri pubblici come il catasto) che siano immutabili nel tempo e che garantiscano al tempo stesso la fiducia e la sicurezza per tutti i portatori di interesse.
La paternità della blockchain si vuole far risalire a Satoshi Nakamoto (pseudonimo di un soggetto ignoto) che nel 2008 presentò un sistema di pagamento che permettesse di effettuare transazioni direttamente da un soggetto all’altro senza necessitare l’intermediazione di alcun altro soggetto dando così facendo vita alla Bitcoin. Tale sistema porta in dote 3 vantaggi rispetto alla modalità di transazione tradizionale: riduzione di costi (per via dell’eliminazione dei costi di intermediazione); efficienza (poiché i registri sono criptati e condivisi, tutti i soggetti operanti nel network sono a conoscenza in contemporanea dell’avvenuta transazione tra il soggetto A e B); Sicurezza e Trasparenza (questo per via della immodificabilità delle transazioni registrate e in caso di errore sarà necessario scrivere la correzione in una nuova transazione senza modificare la precedente, così da renderle entrambe visibili).
Come funziona
Come spiega Satoshi Nakamoto i blocchi devono essere pensati come delle scatole, al cui interno vengono inseriti i registri contabili con tutte le transazioni o le informazioni necessarie. Questi registri vengono impacchettati e protetti da un sistema di criptazione (con chiavi pubbliche e chiavi private) che permette la condivisione di tutte o di parte delle informazioni all’interno. Per garantire l’immutabilità delle informazioni all’interno, ogni blocco è dotato di un codice univoco che vine creato usando l’algoritmo di autenticazione Hash. Esso è una sorta di impronta digitale che tiene conto del momento (data e ora) in cui tale blocco viene completato (e non possono essere aggiunte altre informazioni) e da quale blocco viene preceduto. Questo fa si che tutti i blocchi vengono legati vicendevolmente, rendendo impossibile un possibile attacco hacker. Infatti, in caso di modifica di un solo blocco, non combacerebbero più le impronte digitali tra i vari blocchi, rendendo noto a tutti l’avvenuta manomissione. Inoltre, la catena non viene conservata in un solo posto, ma in maniera diffusa, esiste una copia delle informazioni su più server. Ogni server che sostiene il network, oltre a tenere una copia dei registri, presta servizio nella generazione degli hash univoci. Le due tipologie principali di creazioni di questi algoritmi prendono il nome di Proof-of- Work o Proof-of-Stake. Nel primo caso i server che partecipano al network competono fra loro per la creazione dell’Hash. Il primo che ci riesce ottiene un coin in cambio per il lavoro svolto. Poiché è una corsa contro il tempo, i soggetti che gestiscono il maggior numero di server hanno maggior probabilità di successo. Nel secondo caso invece, i soggetti che vorranno partecipare al network come validatori, non danno semplicemente la disponibilità dei propri server, ma partecipano investendo capitali nell’infrastruttura. Con questa modalità, non si viene a creare una corsa al più veloce, ma il server viene sorteggiato tra tutti i partecipanti. La probabilità con chi si venga sorteggiati è proporzionale all’ammontare dell’investimento. I rischi per entrambe le metodologie sono dovuti al rischio di accentramento: infatti un soggetto che possieda il 50%+1 dei server attivi (nel primo caso) o che possieda il 50%+1 del capitale investito nell’infrastruttura (nel secondo caso) di fatto controllerebbero l’intera catena, venendo meno di conseguenza il principio del network diffuso.
Potenzialità della Blockchain
Molti sostengono che la blockchain abbia enormi potenzialità per lo sviluppo di un sistema finanziario ed economico più sicuro e trasparente, ma questo potenziale rischia di avere un impatto ambientale senza eguali. Si pensi solo che una transazione in bitcoin (quindi decentralizzata e disintermediata) costa, in termini di energia elettrica quanto a poco meno di 600.000 operazioni gestite dal circuito di carte di credito Visa (fonte Fondazione Bancaria Finanza Etica). Come certifica la Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index calcolato dall’Università di Cambridge, il mantenimento operativo della sola blockchain relativa al solo Bitcoin costerebbe alla collettività circa 135,5 TWh (terawattora) annui di energia elettrica. Per dare un termine di paragone e le confrontassimo con il consumo di energia elettrica dei vari paesi del mondo, la rete di server che mantiene in vita i Bitcoin occuperebbe la ventottesima posizione (dopo l’Ucraina e prima dell’Argentina). Questo soprattutto si intensifica in quei periodi, come questo durante il quale l’articolo viene scritto, dove la cripto-valuta più famosa tocca il suo apice storico a 58.000$. Se si considera il fatto che il maggior numero di mining farm è situato in Cina il cui costo dell’energia è decisamente più basso che in Europa e negli Stati Uniti e che l’energia elettrica, in questo paese, è per la stragrande parte prodotta per la combustione del carbone il bilancio ambientale non può che essere a sfavore del pianeta. Si stima infatti che vengano emesse in atmosfera circa 70 tonnellate CO2 (ossia quanto emette la Repubblica Ceca in un anno) – Fonte Forbes.
Quanto concerne la questione ambientale è un argomento annoso che suscita qualche perplessità sulla bontà di questa tecnologia all’attuale stato dell’arte: intesa come produzione di energia elettrica, da una parte, che dalla potenza di calcolo necessaria per il mantenimento dell’infrastruttura. Probabilmente in un futuro, l’introduzione di un maggior approvvigionamento di energie rinnovabili e di computer quantici potranno superare gli attuali limiti.